WORLD WIDE WORKERS

Al lavoro in vacanza. L’ufficio dei nomadi digitali è ovunque: “A family” variegata e connessa che predilige i luoghi più esotici. Immagina che il tuo ufficio sia una spiaggia dorata; la sedia ergonomica un comodo lettino. La scrivania un’amaca, o il tavolino di un beach bar. In pausa pranzo un tuffo nell’oceano. Senza perdere di vista la produttività, e con in mente non la carriera, ma la felicità. Un sogno delirante? Per una crescente schiera di (non) comuni mortali, una realtà. I digital nomads, Millennials soprattutto, hanno infatti scelto di sradicarsi dal classico modello lavorativo per ritagliarsi una realtà professionale atipica, fluida, connessa. Nella nuova community, web designer e blogger, ma anche stilisti, fotografi, modelle, arredatori, giornalisti, consulenti finanziari, medici, commercianti. Imprenditori a piedi scalzi e senza fissa dimora che, armati di laptop, veri Cavalieri del Terzo Millennio (così definiti su “Vogue Italia” nel giugno 1997) operano inseguendo il sole in mete esotiche quali Bali, la Colombia, Curaçao, la Thailandia, l’Australia o il Marocco. Comunicando col “vecchio mondo” via Skype e alloggiando in strutture di Airbnb e simili, meglio se vista mare. «Avevo tutto, ma mi sentivo povero», racconta su una spiaggia brasiliana Denis Moro che, dopo aver raggiunto una posizione manageriale a 28 anni in una società di consulenza finanziaria, ispirato dal best seller di Dan Eldon “The Journey is The Destination”, ha comprato un biglietto di sola andata per il Sud America. Da allora l’oggi trentenne nativo di Breganze (Vicenza) ha girato il mondo dal Malawi al Myanmar, restando operativo attraverso Sky Island, piattaforma che connette i mercati emergenti con l’hub finanziario del Lussemburgo. «È il sole a scaldarmi il viso quando mi sveglio. Sono padrone del mio tempo: e, per la prima volta in vita mia, tutto ciò che penso, dico e faccio è sulla stessa linea». Percorso simile quello del ventiseienne Alessandro Vaccari che, dopo aver lavorato come web designer a Milano, s’è imbarcato su una crociera di digital nomads (nomadcruise. com) e non è più tornato. Oggi si occupa di videomaking e animazioni grafiche da basi come Gran Canaria o Tarifa. «La libertà stimola la creatività: si produce di più in meno tempo», aggiunge Marcus Meurer, 37 anni, via email da Salvador da Bahia. «Come marketing manager di una startup a Berlino, responsabile di grandi progetti, avevo sulla carta una vita sì entusiasmante, ma sempre vita di ufficio. Mi sentivo intrappolato in un sistema-robot che lavorava in funzione dei sogni altrui». Quattro anni fa ha mollato tutto, e dopo aver viaggiato per sei mesi in Asia con la compagna Felicia, ha fondato con lei il blogtravelicia.de. «Una volta sulla strada, la sensazione di aver spezzato le catene libera energie che non sapevi di avere». La coppia ha fondato il movimento Dnx, una “online family” che connette digital nomads in tutto il pianeta. E organizza i Dnx Camps (dnxcamp.com), workshop di coworking e coliving in location idilliache, dove tra scambi d’ispirazioni ed esperienze nascono nuove opportunità. Al duo si deve anche la Digital Nomad Conference che «riunisce menti sulla stessa lunghezza d’onda »; la prima e la seconda edizione, a Berlino e Bangkok, hanno attratto circa mille adepti di questo lifestyle, che nonostante offra la libertà di lavorare dove, come e quando si vuole, presenta anche delle sfide. «Quando ci si trova nei luoghi più belli del mondo, non è facile restare motivati», ricorda Meurer. E Vaccari aggiunge: «Mantenere le relazioni vere, quelle offline, può divenire una sfida». L’importante è perseverare. Visto che, come ebbe saggiamente a scrivere Mark Twain, «fra vent’anni sarete più delusi dalle cose che non avete fatto, che da quelle che avete fatto».