SHEIKHA HOOR AL-QASIMI

La incontriamo per la prima volta a Sharjah, sulla soglia dell’edificio dove ha presentato nel febbraio scorso la mostra “1980-Today: Exibitions in the United Arab Emirates”, che ha curato per il padiglione degli Emirati Arabi Uniti alla Biennale di Venezia. “Mio padre non l’ha ancora vista” ci dice, riferendosi all’imminente arrivo del sovrano dell’Emirato, lo Sceicco Sultan bin Mohammed Al- Qasimi, ”sono molto nervosa.” E’ cosi, simpatica, diretta, la Sceicca Hoor Al-Qasimi, la 36enne curatrice e artista che Artnet ha annoverato (al terzo posto) fra le 100 donne piu’ potenti del mondo dell’art world. Una royal con la passione per l’arte, che oltre a presiedere la Sharjah Art Foundation, dirige la Sharjah Biennale (di arte contemporanea): che ha rilevato a 22 anni, introducendo arte politica e sociale, e lanciando l’Emirato sulla scena artistica internazionale. Ma non solo: siede fralaltro, nel board of directors del Moma di New York, del KW Institute for Contemporary Art di Berlino, e della International Biennal Association di Gwangju. Jet-setter cosmopolita (parla 7 lingue fra cui il mandarino e il giapponese) vive fra un aeroporto e l’altro. Ma il suo cuore e’ ancora a Sharjah, dove e’ cresciuta ultima di 6 fratelli (ha un gemello, Khalid, architetto e fashion designer). “Ho avuto una infanzia colta” ci racconta (il padre e’ anche poeta e scrittore). In viaggio, visitavamo musei come il Moma di NY o la Tate di Londra. A Sharjah negli Eighties la scena culturale era vivace: ricordo concerti della London Philarmonic Orchestra e pieces della Royal Shakespeare Company.” Dopo il liceo internazionale “ero gia’ ossessionata dall’arte, dipingevo fino alle 4 del mattino ” si trasferisce a Londra, dove ha casa. Studia alla Slade School of Fine Art e alla Royal Academy, per poi ottenere un master in Curating Contemporary Art al Royal College of Art. Oggi a Sharjah con una missione, vuole creare attraverso l’arte una coesione sociale. Con la sua Art Foundation propone mostre, installazioni, performances, tutte free, per coinvolgere la community, e abbattere le barriere sociali: “Non voglio creare un divario fra chi se le puo’ permettere e chi no. “ Ma a motivarla e’ soprattutto l’entusiasmo dei bambini. “Quelli del quartiere vengono da soli, a visitare tutte le mostre” ci dice con entusiasmo. “Smettono di giocare per strada, entrano a curiosare, fanno domande intelligenti. Sono in prima fila alle proiezioni. Poterli ispirare e’ per me la piu grande soddisfazione. “