YUM COMMUNITY
Cibarsi per strada e’ un gesto liberatorio, socilaizzante e connette con il luogo. Oggi diventa anche bio e glamorous. Food truck and festival dedicati, da Helsinki a New Dehli.
Un banchetto di strada o un ristorante gourmet? La linea di demarcazione si assottiglia. Grazie alla inarrestabile ascesa del cibo di strada, riscoperto, nobilitato, valorizzato. Le cui specialita’ “povere”, realizzate con materie prime di qualita’, assurgono ora a ghiottonerie per intenditori, perche’ cibarsi da un camper, uno stand o una bancarella che sia non e’ mai stato cosi glamorous. Il cibo di strada non solo crea un senso di community, connette realta’ diverse, e fornisce a chi viaggia una gustosa chiave di lettura del luogo (non per niente il canale tv del National Geographic gli ha dedicato una serie), e’ soprattutto economico, liberatorio, e divertente. E, di fatto, gli eventi dedicati al fenomeno proliferano da un capo all’altro del pianeta. Vedi il Copenhagen Street Food Market, creato un anno e mezzo fa in un capannone industriale di un’isola del porto della capitale. Dai tacos allo shawarma, dagli involtini primavera al gozleme turco fino alle specialita’ danesi come lo smørrebrød, tutti sono preparati al momento con ingredienti stagionali, possibilmente bio, in furgoni, roulottes e altre strutture: sembra quasi di essere alle nazioni unite della gastronomia. Nelle giornate di sole poi ci si rilassa sulle sdraio del molo; il weekend c’e’ anche un dj. A Berlino invece, gli happening del Bite Club si tengono su un barcone sul fiume Sprea: qui si puo’ gustare il miglior cibo di strada della citta’ (compresi i curry-wurst) bere cocktail energizzanti, e ascoltare musica dal vivo. Ancora nella capitale tedesca, la domenica nel complesso Raw della zona di Friedrichschain, dove i cappannoni industriali ornati da fantasiosi graffiti ospitano da bar e nightclub fino a piste da skateboard e pareti da scalata, il Berlin Village Market, mixa sapientemente arte, performances, musica dal vivo e una accorta selezione di cibo di strada. Immagina disegni di giovani artisti, gioielli artigianali o t-shirts d’autore esposti fra camper di specialita’ cotte dal vivo come i “pierogi” (ravioli polacchi), i burger vegani, o il famoso pollo piccante alla griglia, preparato in stile giamaicano, di Spice Spice Baby. Nella stessa zona, lo scorso giugno si e’ svolta la prima edizione dell’Ice Cream Market, una orgia di coni, ghiaccioli, semifreddi e coppette serviti nella straordinaria location dello Haubentaucher, un capannone (senza tetto) accessoriato di finta spiaggia, palme, e persino una piscina. Che ha attratto una tale folla di golosi, che, nonostante il temporale estivo, la coda all’ingresso ha fatto il giro dell’isolato. Se vi capita di visitare la Grande Mela da aprile a novembre invece, vivamente consigliato, durante i weekend, un salto al di la’ del ponte di Brooklyn, per immergersi nella atmosfera iper-relaxed dello Smorgasburg: un food market con circa 100 stand ( parte del Brooklyn Flea Market ) definito dal New York Times “ la Woodstock del cibo ”. A sbocconcellare ghiottonerie globali che spaziano dal palenque colombiano al ramen giapponese fino ai nachos messicani o semplicemente alla nostra porchetta, schiere di ”yuccies” (young urban creatives), quei giovani creativi iperconnessi che paiono aver rimpiazzato in questa porzione trendy di New York gli ormai gentrificati quanto inflazionati hipsters. Da New Dehli a San Francisco intanto, si moltiplicano i festival dedicati al settore, baccanali del cibo di strada con mood da concerto pop. Come lo Streat Helsinki EATS, punto di riferimento per innovatori e food entrepreneur: chioschi notturni per proporre ricette sperimentali elaborate per l’occasione da chef finnici. Mentre a Singapore, dove cibarsi dagli hawker stall, quei banchetti di cibo di strada raccolti in veri e propri centri che proliferano in tutta la citta’, mitici quelli della recentemente restaurata Chinatown, e’ tradizione radicata, orgoglio nazionale oltre che vero stile di vita (il cibo e’ davvero superbo), non a caso si tiene, con cadenza biennale, il World Street Food Congress, ( la seconda edizione si e’ svolta quest’anno, dall’8 al 12 aprile). Un convegno con speaker d’eccezione come il famoso chef Anthony Bourdain, che, oltre ad attrarre street foodies da tutto il pianeta e riunire fra i migliori street chef internazionali, lavora per preservare, stimolare e far evolvere la cultura del cibo di strada. Parallelamente mutano, adattandosi all’evoluzione del trend, i tradizionali mercati alimentari, dove la degustazione cresce accanto alla vendita. A Lisbona, e’ gia’ foodie destination lo storico Mercado da Ribeira, trasformato da Time Out in una collezione di gastro-stall dei migliori chef portoghesi. Lo spazio, dove siedono gomito a gomito hipster e vecchine del quartiere, ospita anche festival come lo Skrei, un orgia di baccala’ fresco, e sessioni di “show cooking”. Mentre nell’affascinante Mercato di Ortigia, nel cuore del centro storico di Siracusa in Sicilia, delicatessen regionali freschissime, come una formidabile caponata, vengono servite su taglieri di legno sui tavoli della Salumeria dei Fratelli Burgio. Da Los Angeles a Sydney, a raccogliere nuovi proseliti, imperversano anche i food truck, itineranti quanto allettanti gastro-bus. Una originale versione nostrana? L’Ape di LuBar, che porta in giro per l’Italia, allietando parties ed eventi, gli arancini siciliani che arrivano ogni giorno croccanti da Scicli .E se l’appetito e’ il miglior condimento, cibarsi da un cartoccio e’ una ricetta di felicita’.
ALTERNATIVE ARCADIA
A Copenhagen, una formula da imitare e’ quella del quartiere Vestebro. Dove nuovo e vecchio, passato e presente si mixano. Sanza intaccare l’anima ruvida del luogo.
Prendi una manciata di vie attigue alla stazione centrale, con l’ inevitabile corollario di sex shops, squillo e tossicodipendenti; aggiungici un bel mattatoio funzionante e infine mixa con risloranti modaioli, boutique, gallerie d’arte contemporanea, cool bars, club e una generosa spolverata di hipsters armati delle ultimissime sneakers. Succede a Copenhagen, la capitale dello Scandicool. Ed e’ grazie a questa insolita ricetta che la zona di Vesterbro, quartiere a luci rosse (nient’affatto ex) dove risiedono immigrati, creativi, pensionati, studenti, sta diventando una delle aree emergenti della capitale. Grazie a un’intelligente politica che mira a conservare l’amalgama sociale ed etnico di quest’area a rischio gentrification selvaggia.“ Quando siamo arrivati qui, undici anni fa, i macellai entravano a curiosare con il grembiule sporco di sangue ”, ci dice Jesper Elg, tra i fondatori della V1 Gallery nel Kodbyen, un distretto di Vesterbro simile al Meatpacking di New York. Lo spazio, ricavato da una macelleria, espone “ arte che ci incuriosisce, con un occhio di riguardo per l’America. “ La city mira a trasformare al massimo il 50 per cento degli spazi del Kodbyen,” spiega Jesper. II resto rimarra’ adibito a depositi e negozi alf ingrosso, per garantire l’autenticita’ e Ia vivacita’ di questa zona, dove esiste un bel rapporto tra vecchi e nuovi residenti “. Vesterbro e’ come un piccolo e accogliente villaggio dove tutti si conoscono e dove c’e’ posto per tutti “, conferma Anders Selmer, qui da venticinque anni. Il cofondatore del famoso Noma, nel locale Meatpacking district ha aperto Kodbyens Fiskebar, una brasserie di pesce che offre una “ new Nordic cuisine resa accessibile a tutti “. Ad assaporare specialita’ di pesce “sostenibile” e quattro tipi di ostriche (fra cui le famose danesi), un pubblico eclettico, che la notte si fonde con i frequentatori dell’attiguo bar Mesteren & Leriingen (con dj set open air; inf.+45-321-52483), bivaccanti sull’asfalto attorno a improvvisati falo’. Nel circuito del bar-hopping anche Karriere (karrierebar.com), uno spazio che coniuga arte e cocktail e dove tutto, dall’insegna al neon fino al bancone del bar, nasce da customizzazioni artistiche. Una passeggiata fra le warehouses della zona regala poi curiose sorprese. Ricavato da una stalla, il Butcher’s Lab e’ una palestra dove si pratica iI CrossFit, mentre Nose2Tail (nose2tail.dk) cucina ogni possibile taglio – dalla testa al cuore – di maiali. agnelli o conigli. Atmosfera festaiola bell’alberato Sonder Boulevard, che nelle (rare) giornate di sole si trasforma in un parco dove rilassarsi sull’erba, rifornendosi di drinks e snacks in luoghi come il Kihoskh (kihoskh.dk), un market che vende dalle riviste di moda internazionali al caffe’ cortado. La via dello shopping, invece, e’ Istedgade: kebab bars e groovy cafes affiancano stores come Es-Es, dove scovare pezzi di stilisti locali e i migliori cosmetici made in Denmark. Il sabato e la domenica sera, imperdibili gli eventi, animati dai migliori dj, del club KBII (kb3.dk), riconoscibile dalla perenne coda davanti alla porta blu. Fuori ci sono proprio tutti, modelle accanto a clochard. A formare un tableau very Vestebro, che rispecchia fedelmente l’anima di questo quartiere ancra vero e ruvido. La speranza? Che questo raro esempio di convivenza civile non anneghi nei costosi cappuccini dei nuovi “trendy” cafes.