A MATTER OF ELEGANCE – a DINNER with VALENTINO
L’arte del buon ricevere secondo il couturier. Ispirata a un’idea di convivialità calda e al gusto per la mise en place. Al centro, la tavola. Dove oggetti d’arte, fiori freschi e tovaglie preziose fanno da cornice alla conversazione.
Un universo di bellezza e di raffinatezza coltivata, dove ogni elemento è una nota di una grande sinfonia sensoriale. Benvenuti nel mondo di Valentino Garavani, couturier extraordinaire, ma anche insuperabile ospite. Nel suo Château de Wideville vicino Parigi, nel (cosiddetto) pied-à-terre di Manhattan con vista su Central Park, nella casa di Holland Park a Londra, nello chalet di Gstaad o sullo yacht T.M. Blue One, i Valentino parties sono indimenticabili. Produzioni dove la mise en-scène è calibrata al millimetro e dove ogni objet d’art ha una collocazione precisa, come in una pièce perfettamente coreografata. Qui si muovono ospiti come Anna Wintour, Gwyneth Paltrow, Oprah Winfrey, Meryl Streep o anche Kim Kardashian e Kayne West, per cui lo stilista ha organizzato una colazione prima delle nozze, con due tavoli e venti invitati. “Valentino: at the Emperor’s table”, il nuovo volume pubblicato da Assouline, illustra interni, table settings e ricette delle varie residenze dello stilista, aprendo una finestra sul mondo
del couturier preferito di Jackie O. Un uomo che, al di là delle mode, attraverso un lavoro di passione e ricerca, ha costruito una dimensione in cui buon gusto e ricercatezza sono una ragione di vita. E i suoi lunch e dinner parties, un inno alla joie de vivre. «Ricordo la cura di ogni dettaglio, e un ambiente in cui nulla era lasciato al caso», ci racconta Urbano Riario Sforza Barberini, ospite a Gstaad. «Mi colpirono le magnifiche composizioni di rose», gli fa eco Beatrice Caracciolo de Rothschild ricordando una cena a Wideville, la residenza preferita del designer, già dimora dell’amante di Luigi XIV. «Valentino disegna pranzi e cene così come creava le sue collezioni, come uno dei più grandi designer di haute couture», dice, nell’introduzione del libro, André Leon Talley, contributing editor di “Vogue” Usa e amico dello stilista. E mentre una grossa fetta di mondo si è ormai rassegnata al fast food, consumato in fretta o addirittura in piedi, Valentino rilancia l’abitudine del formal dining. Elaborando con il suo inimitabile tocco “l’art de la table”, l’abbellimento e decorazione della tavola, ispirandosi «alla storica raffinatezza della vita in casa nella Francia del XVII e XVIII secolo» e componendo «poemi visivi di simmetria, proporzione e prospettiva», dice Talley. «Il senso del dettaglio e del lusso lo rende unico». Non a caso, la storia d’amore fra il couturier e la bellezza risale a molto tempo fa. Da bambino sognava sfogliando le riviste della sorella, con le dive in abito da sera. «Concepisco la bellezza in modo classico, come qualcosa che dona emozioni, ma anche armonia», ci racconta oggi Valentino. «E sono stato affascinato dall’arte del ricevere a casa fin da quando ero molto giovane. Osservavo e imitavo. Imparavo qualcosa e creavo qualcosa». Fra i suoi mentori, negli anni parigini in cui studiava da Jean Desses e Guy Laroche, Marie-Hélène de Rothschild, regina della society di Parigi. E poi, ancora, a New York, ladies come Jacqueline Kennedy Onassis, Babe Paley, Nan Kempner e Françoise de Langlade, prima moglie di Oscar de la Renta. Un processo di osservazione che lo ha portato a elaborare la sua arte del buon ricevere, unica al mondo. La formula per una soirée perfetta? «Una conversazione interessante, cibo e vini di qualità, la compagnia degli amici». Oltre alle sue tavole, naturalmente. Sulle quali mixa con nonchalance gli oggetti collezionati con passione negli anni, scovati in aste e vendite private. Come i cigni bianchi della famosa casa di porcellane Meissen, per esempio, la preferita dall’aristocrazia del XVIII secolo; o antiche saliere russe dalle forme bizzarre; preziosi vasi e zuppiere del XVIII e XIX secolo; servizi di piatti cinesi del periodo Kangxi o di P.K. Silesia e della Fabbrica Imperiale di Porcellana di San Pietroburgo. Oltre a tovaglie ricamate e fiori freschissimi, provenienti dai suoi giardini. «Ritengo che un oggetto personale infonda una nuova vita ai servizi da tavola di sempre», dice Valentino. «Anche i fiori giocano un ruolo essenziale, ma non enormi bouquet. Se si tratta di un pranzo, il lume di candela sublima i colori dell’intero setting». Il libro dedica una sezione a ogni residenza, con immagini di mise en place e ricette per ogni luogo. Così nello chalet di Gstaad nelle Alpi svizzere, dove il designer trascorre il Natale e il Capodanno con gli amici più stretti – Giancarlo Giammetti, Carlos Souza, Bruce Hoeksema – prevalgono i toni caldi della boiserie. E ricette proteiche après-ski come flan au chèvre e viande des Grisons. Sul suo yacht, nuance mediterranee fanno da sfondo a piatti estivi freschi e leggeri (come tutta la cucina di casa, del resto), senza però rinunciare al gusto: passatelli al pomodoro e basilico, tempura di verdure e torta caprese, ma sugar-free. «Ho sempre creduto che l’allestimento e la decorazione di una tavola dovessero riflettere lo stile della stanza in cui è collocata», ci spiega il designer. «Guardando le foto del libro, si percepisce che c’è un unico stile, il mio: varia soltanto, e leggermente, a seconda degli ambienti e della loro luce». Denominatore comune, la raffinatezza. Ma niente fredde atmosfere da museo. Il mondo di Valentino è infuso da un mood accogliente e rilassato da country house inglese, che mette a proprio agio e incoraggia la conversazione. Qui grandeur e comfort si fondono in perfetto equilibrio. Come nel suo quotidiano: nella vita di tutti i giorni il couturier predilige maglioni di cashmere di Malo, scarpe di John Lobb o Berluti. I vestiti? Di Caraceni. Le lenzuola, di puro lino, sono bianche, con il monogramma sulle federe; le pantofole firmate Jimmy Choo. «Valentino vive come vivevano gli aristocratici del XVIII, XIX e XX secolo, ma ha inventato uno stile proprio: sempre caldo, invitante», dice André Leon Talley. «Tutto è così attuale, ma anche grandioso, nel solco della tradizione. Ogni elemento convive in modo moderno». Unica costante della sua vita – in continua evoluzione – l’amore per il bello. Come dichiara ironicamente lui stesso nel film “Valentino: the last Emperor”: «I love beauty. Non è colpa mia».