L’OLMAIA
Out of Africa ma nella Maremma Toscana. Il tutto condito di storia, passione e undiluted chic, e attorniato da un alone di leggenda. E’ l’Olmaia, la villa della famiglia Bossi Pucci, da piu’ di 50 anni il glamorous retreat dello style set italiano (e internazionale). La sua vicenda e’ come uno spaccato della storia del costume italiano: ci sono passati negli anni (e spesso rimasti), da reali a aristo-chic, da Hollywood star a intellettuali ed artisti, tutti conquistati da una ricetta di charme inimitabile; e da una ospitalita’ fatta di classe e semplicita’, e da un tocco di rinfrescante eccentricita’. “La villa fu costruita alla fine degli anni cinquanta” ci racconta Allegra Bossi Pucci, oggi padrona di casa insieme al fratello Averardo. “La casa di famiglia era stata fatta saltare in aria dai tedeschi, vista la nostra associazione con la famiglia reale italiana (la nonna era dama di compagnia della regina). La Maremma era allora soprattutto un luogo di caccia: ma mio padre, grande appassionato d’Africa, di cui aveva solcato le piane dal Kenya alla Somalia fino al Botswana, decise di ricostruire la casa li, in mezzo al bosco, vicino al mare.” La struttura bassa, inserita in modo soft nella selvaggia natura circostante, ricorda le bush houses della Rift Valley. E’ aperta verso l’esterno, con una loggia e un vasto prato, per osservare gli animali abbeverarsi al tramonto, in tipico stile africano. Per la costruzione furono usate pietre della cava di famiglia; il parquet di teak proviene dalla nave da guerra Duilio della marina italiana. Fin dagli esordi, l’Olmaia diventa una home-away-from-home per amici e parenti, ma non solo. “I miei genitori accoglievano anime perse a tempo indeterminato.” ci dice sorridendo Allegra. “Mio padre conobbe, al Bar dell’Excelsior di Firenze, un signore napoletano che era stato buttato fuori di casa dalla moglie. Lo invito’ per il weekend. Rimase sette anni. Le sue persone di servizio per 4 decenni.” Una altra ospite, si fermo’ per 6 mesi, con al seguito una tigre e 15 cani. “Visto l’amore sconfinato di mia madre Ginevra (sempre attorniata da un nugolo di levrieri irlandesi) per gli animali, siamo cresciuti con inusuali compagni di giochi.” ci racconta Allegra. Cervi, cinghiali, il muflone di nome Matilde. Il puma dallo zoo di Roma, il leone del circo Togni che balzo’ sulla macchina di un visitatore alcolizzato, che credendo di avere le visioni smise di bere. La lupa siberiana dall’allevamento di Amedeo D’Aosta detto Deo, di conseguenza battezzata Dea. E ancora il cucciolo di gattopardo, trovato abbandonato nella savana africana: “dormiva sul mio letto, giocava con le bambole, gli leggevo le favole. Lo nutrivo con un biberon fatto in casa, ricavato da un bottiglia di Campari Soda” ricorda sorridendo Allegra. Il lifestyle dell’Olmaia e’ precursore del barefoot chic. Un po’ Ibiza e un po’ Marrakech, ma con un flair tutto italiano. La mise? Piedi nudi e pareo, niente costrizioni sartoriali. Il bosco antico di alto fusto, protetto dalle dune alte, a prova di vento e paparazzi, regala una privacy impenetrabile. L’assenza di formalita’ dona un inebriante senso di liberta’. La giornata scorre morbida sui lettini piantati sul bagnasciuga, attorno alla piscina, sulle dune. Gli orari, le pianificazioni, sono inutili. “Non sapevamo mai quanti eravamo a tavola. “ ricorda la padrona di casa. Non a caso negli anni visita la casa il who’s who della societa’ europea: dai Duchi di York alla Principessa Margaret e Lord Snowdon, dai Savoia a tre generazione degli Agnelli. Florinda Bolkan, Marina Cicogna e Helmut Berger, interpreti di una dolce vita dei Nineties. E poi attori come Rupert Everett e Kristin Scott-Thomas, gente della moda come Marisa Berenson Elio Fiorucci e Oliviero Toscani, pittori, scrittori, giornalisti. La lista e’ interminabile. Leggendarie le feste a piedi nudi sul prato, allietate da vini d’annata, buffet con caviale e aragoste (ma anche pane e salame), musica eccellente (c’era caso che trovassi al basso il chitarrista dei Fleetwood Mac). E un crowd davvero assortito: “potevi avvistare la zia Benedetta a fare la maglia in conversazione con un punk” ricorda Allegra. I parties iniziano con 100 persone, finiscono con 300, e si protraggono fino alle 8 del mattino “E spesso Ferruccio, il nostro mitico cuoco, ci preparava un piatto di spaghetti all’alba .” “Non sapevi mai chi potevi incontrare: arrivavi con una fidanzata, ma non eri sicuro di ripartire con lei.” aggiunge un habitue’ che preferisce rimanere anonimo. Oggi l’Olmaia, dove sono cresciute t3 generazioni, e’ ancora un cocoon amato, un rifugio per Allegra Averardo e i loro figli, ma non solo. E’ tappa d’obbligo per chiunque sbarchi in Maremma (famosi i Natali, dove chi non sa dove andare e’ benvenuto). Gli interni sono un pot pourri di ritratti di famiglia, foto d’epoca, reperti africani, quadri d’autore, il tutto assemblato con gusto in un ambiente caldo, vissuto. “ L’Olmaia e’ casa custode della memoria di uno stile di vita che ci ha accompagnato attraverso i secoli. Ce lo ricorda l’odore di cuoio dei finimenti dell’armeria, le ottone di vimini del patio, i box dei cavalli nelle scuderie.” La iscrizione sul frontone della porta “ S’udia remoto il mare, seguir col rombo il murmure dei boschi” tratta da una poesia di D’Annunzio, ci ricorda come il mare e i boschi siano collegati in quell’abbraccio che ha fatto della Maremma un luogo unico“ ci dice Gaddo della Gherardesca, storico amico di famiglia. Insomma l’Olmaia ha una anima profonda. “ Per me e’ come la Tara di Via col Vento” conclude ridendo Allegra.